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Federsolidarietà Parma partecipa a “Il Patto Sociale per tutti noi”

Un breve viaggio attraverso gli eventi proposti da Federsolidarietà durante l’iniziativa organizzata dal Comune di Parma: i laboratori organizzati dalla cooperativa sociale EIDE’ e dalla cooperativa AURORA DOMUS e i workshop di approfondimento con Flaviano Zandonai Consorzio CGM

 

In occasione delle sei giornate dedicate al Patto Sociale per Parma, lunedì 20 maggio, all’interno del Laboratorio Aperto del Complesso di San Paolo, è stato proposto il WORKSHOP “CONOSCERE E INTERROGARE STRUMENTI E METODI DI CO-DESIGN NELL’INNOVAZIONE”.

Un incontro di natura metodologica di due ore durante il quale Flavio Zandonai, sociologo e Open Innovation Manager del Consorzio CGM, ha ricordato come le pratiche di innovazione sociale affermatisi negli ultimi anni siano state spesso accompagnate e arricchite da strumenti e competenze di Design Thinking. Gli strumenti hanno in loro stessi le finalità che vogliamo perseguire, e conoscerli al meglio ci rende possibile fare co-progettazione per raggiungere quegli obiettivi di interesse collettivo che sostanziano l’azione delle nostre cooperative e imprese sociali.

 Il focus del 2024 non è più puntato sul WHAT, cioè il “cosa fare”, ma sull’HOW, il “come fare” e sulla capacità di usare al meglio gli strumenti più adeguati.

La narrativa del cambiamento e delle trasformazioni non deve più basarsi su quadri teorici o set di indicatore tecnocratici; poiché ormai sul “cosa fare” sappiamo molto, è tempo di sopperire invece a un deficit di capacità relativo al “come fare”.
E gli strumenti a nostra disposizione sono già molti: durante il Workshop si è parlato di nuovi tool pratici di supporto all’innovazione sociale, come MIRO o NESTA, da utilizzare al meglio per accelerare i processi e grazie ai quali ottenere un nuovo modo di progettare e raggiungere gli obiettivi.

 Il Design Thinking è un nuovo approccio alla progettazione, che possiede una serie di caratteristiche peculiari e utilizza una visione e una gestione creative; inizialmente era utilizzato soprattutto da agenzie e studi di design, oggi si sta affermando sempre più anche nelle politiche sociali e nel terzo settore.

Si basa essenzialmente su aspetti di continua divergenza e convergenza.

 Non si avrà quindi un approccio lineare, ma si punterà a “sviluppare idee” - tante, anche le più disparate - coinvolgendo nel processo di progettazione anche i non addetti ai lavori per arricchire la rete dei contatti e delle proposte.

Si proseguirà nella divergenza anche in fase di ideazione e prototipazione, sempre aperti a modifiche anche in fase di test, ottenendo così un progetto a fisarmonica, fino a una chiusura nella quale sfrondare, focalizzare e definire proposte e strategie.
I progetti seguono un loro percorso progressivo, ma in questo modo risultano iterabili, ogni soluzione è testata e in ogni fase è possibile tornare indietro e riprogettare.

 

L’Obiettivo sfidante è quello di definire un nuovo servizio, superando la sindrome di dipendenza dal percorso classico, introducendo elementi nuovi e pensando in maniera divergente, per esempio incrociando i servizi di welfare con altre attività, come la cultura.

Diventa così possibile aprirsi a soggetti target non in carico, coinvolgendo nuclei familiari che hanno differenti problematiche e attivando nuove reti.

Un altro aspetto interessante e innovativo è quello di richiedere un’attivazione diretta dei beneficiari, per esempio veicolando risorse economiche alle famiglie che siano in questo modo obbligate ad essere più proattive e possano decidere di impiegare queste risorse per un loro percorso di cura, educazione o empowerment personale (es. voucher).
Tutto questo andrà integrato in un nuovo sistema di offerta, come potrebbe essere una piattaforma di servizi di welfare, dove i cittadini (anche non presi in carico dai servizi sociali) potranno trovare risposte alle loro necessità, in maniera più immediata.

Esempio riportato è quello del Comune di Tradate, dove è stata creata una piattaforma digitale, con alcuni punti di contatto fisico, a disposizione del cittadino (https://tradatewelfare.it/tradate/).

Si è poi analizzato un esempio di lavoro realizzato a Thiene (Vicenza), elencando per punti la metodologia di Design Thinking che è stata applicata:

1.      DIVERGENZA – un iniziale giro di tavolo, durante il quale “muovere le idee, riaggregare i pensieri e le tante idee proposte, cercando poi gli elementi di coesione”.

2.      DEFINIZIONE DEL TARGET –un focus group impegnato a studiare e trovare nuovi servizi.

3.      CREAZIONE DI UNA STAKEHOLDER MAP – nella quale ricostruire l’offerta esistente, per evitare di creare una proposta di innovazione che rischi di essere ridondante o scollegata dalle effettive esigenze. L’innovazione non deve essere più disruptive, ma deve essere capace di guardarsi intorno e capire dove poter annidarsi proattivamente in sistemi articolati.

4.      Dopo la fase di divergenza si passa alla convergenza: CREAZIONE DEL CATALOGO PER L’UTENTE COINVOLTO, con la stesura di un “PERSONAS” ritagliato sul target. La sfida è quella di non accontentarsi di riuscire a delineare un target, ma riuscire a impostare una dichiarazione di intenti.

5.      Chiudendo quindi con un BRAINSTORMING guidato, nel quale fare ordine tra le idee folli, quelle realizzabili e pragmatiche e le idee copiate (tratte, per esempio, da esperienze virtuose di altre città da studiare).

Ed è anche così che possono nascere casi di innovazione: riprogettando e impacchettando dentro attività culturali e/o ricreative tutta una serie di servizi educativi ed evitando lo stigma del servizio sociale – spesso percepito come negativo. O ancora ridisegnando un servizio, mobilitando risorse inutilizzate o utilizzate male, grazie a un uso più intelligente di servizi che già ci sono.

 

Martedì 21 maggio, durante la seconda giornata di laboratori e workshop svoltisi presso il Complesso di San Paolo, in occasione dei sei giorni dedicati al Patto Sociale per Parma, Flaviano Zandonai, sociologo e Open Innovation Manager del Consorzio CGM, ha tenuto un secondo incontro intitolato “DALLA VALUTAZIONE ALLA GESTIONE: UN APPROCCIO “IMPACT” AL TERZO SETTORE E ALL’IMPRESA SOCIALE”.

La valutazione dell’impatto sociale caratterizza una molteplicità di progetti e politiche che vedono coinvolti enti di terzo settore e imprese sociali.

Questi stessi soggetti si devono fare promotori di valutazioni che riguardano la loro organizzazione e i contesti in cui operano. Lo sforzo in tal senso, spesso sostenuto da enti finanziatori, richiede di rafforzare le capacità di “trasferimento” a livello strategico e operativo onde evitare che l’impatto sociale si riduca a un mero – e costoso – adempimento.

 

L’obiettivo dell’incontro era di presentare i principali elementi di impact management che scaturiscono da iniziative a livello nazionale.
Oggi è indispensabile passare da una logica di sola valutazione dell’impatto sociale a una logica in cui si torni alla testa del processo, per recuperare il progetto e la strategia iniziale. Questo anche perché le organizzazioni spesso presentano una certa stanchezza nel produrre una valutazione, che faticano a trasferire nelle loro strategie e nelle loro operations.

Si è alla ricerca di nuove metriche per misurare il valore che diamo alle associazioni no profit, un’operazione che non deve essere solo tecnica, ma di cultura.

 Ma cosa vuol dire valutare l’impatto sociale?

È una definizione semplice, di derivazione scientifica e normativa, contenuta anche nella Riforma del terzo settore:

Per valutazione dell’impatto sociale si intende la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato”.

Valutare non vuol dire dare un giudizio, ma assegnare valore e riconoscere che c’è una modalità chiara e completa di definire il valore.

Ma quali sono gli effetti generati dalle attività svolte nelle organizzazioni, nei progetti e nelle reti sociali?

La logica di impatto sociale vero è un elemento di sfida e di mobilitazione al cambiamento.

È composto da una serie di elementi caratterizzanti che Zandonai riassume in:

-        Intenzionalità: connessione agli obiettivi strategici

-        Rilevanza: tutte le misure possibili per approssimare per dare evidenza all’interesse generale della comunità

-        Affidabilità: informazioni precise, veritiere ed eque con indicazioni delle fonti

-        Misurabilità: possibilità di ricondurre le attività oggetto di valutazione a parametri (quantitativi) grazie a 1) focalizzazione del valore sociale; 2) indici e indicatori coerenti

-        Comparabilità: nel tempo (e tra le organizzazioni?)

-        Trasparenza e comunicazione: restituzione pubblica (comunicazione)

Il passo successivo è la gestione dell’impatto sociale: l’Impact value chain, la cosiddetta catena del valore dell’impatto.

La filiera è molto semplice, ma altrettanto fondamentale, poiché supervisiona e presenta l’input iniziale di una serie di risorse che vengono realizzate per svolgere determinate attività (il coinvolgimento di formatori, quali piattaforme vengono usate, i luoghi adibiti), che non vanno considerate solo dei mezzi, ma sono utili per raggiungere obiettivi di impatto.

Seguono quindi le attività (le azioni) e quindi una prima misurazione della performance, e cioè gli output e la valutazione degli esiti immediati, come sfera dell’efficienza.

Chi partecipa a questo percorso/attività di risultati diventa un Change Maker che porta le nuove istanze all’interno della sua Associazione, ripensando le strategie con un effetto a più ampio raggio, fino al coinvolgimento dell’intera comunità cittadina.

Fa parte della seconda parte dell’Impact value chain anche quella che viene definita “Deadweight”, cioè la domanda chiave dell’impatto:

-        il cambiamento è stabile?

-        se noi non ci fossimo stati, i cambiamenti ci sarebbero stati lo stesso?

-        se non avessi fatto questo tipo di attività, questi risultati ci sarebbero stati lo stesso?

Il lavoro interessante da fare potrebbe essere quello di enucleare il valore aggiunto sociale che si vuole raggiungere, provare a toglierlo e valutare quali sarebbero le differenze e se i risultati ottenuti sarebbero stati i medesimi o meno.

 In sintesi quindi la risposta a cosa sia l’impatto sociale? È FARE LA DIFFERENZA!

Coinvolgere e nel contempo essere co-partecipi, co-investitori dell’impatto.

Dichiarare dove si vogliano ottenere dei risultati positivi e duraturi – aspetto che diventa possibile nel momento in cui si coinvolgono gli stakeholder.

Costruire un framework, un sistema da condividere con gli stakeholder, per capire quali siano i cambiamenti positivi apportabili nella società, evitando così che gli effetti risultino causali o avvengano per effetto di variabili non gestibili.

 A seguire, nel pomeriggio, ancora Flaviano Zandonai è stato relatore del workshop “DEMO#SOCIALTECH: PRODOTTI E PROGRAMMI PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEL SETTORE SOCIALE”, durante il quale ha presentato una serie di nuovi tool digitali, già molto utilizzati per la progettazione e gestione dei servizi.

 

Si moltiplica, su più fronti, l’offerta di soluzioni tecnologiche, digitali in particolare, che intendono rafforzare la capacità di risposta alle esigenze dei diversi utenti e beneficiari da parte dei soggetti che sono parte del terzo settore e fanno impresa sociale.
Per orientarsi in un ambito “social tech” sempre più ricco e variegato, Zandonai ha presentato alcune soluzioni di innovazione tecnologica digitale già operative e pensate per finalità sociali.

È stata quindi l’occasione per vedere da vicino e sperimentare l’utilizzo di alcuni portali operativi e molto usati, come:

  unobravo.com – piattaforma di psicologia online, dove trovare il terapeuta più adatto alle tue esigenze, per una terapia psicologica online d’eccellenza.

welfarex.it – piattaforma nazionale di welfare di orientamento per la ricerca di servizi, disponibili in oltre 20 province italiane.

 homers.co – portale torinese dove trovare il supporto necessario per progettare insieme il cohousing attraverso soluzioni abitative personalizzate, economiche ed ecologiche.

 parentsmile.com – prima piattaforma specializzata nei servizi di tipo medico, formativo/educativo e assistenziale per le famiglie. Pensata per i professionisti e per i genitori.

 intellica.it – dispositivi e servizi digitali a supporto dei professionisti e delle strutture dedicate alle fragilità. La piattaforma unisce e presenta servizi educativi, laboratori sperimentali, centri e residenze protette nelle Marche e in Umbria.

 Edugamers.cloud – sito dedicato ai genitori che cercano risposte ai dubbi educativi su come crescere i figli nel mondo digitale.